Capelli, carta realizzata a mano, strutture in ferro e acciaio, dispositivi video, vestiti cuciti a misura d’uomo creano un percorso eterogeneo in cui diverse voci sono chiamate a chiedersi cosa ci sia nel sottosuolo nella sua accezione più Naturale; un sotto-suolo che appartiene tanto alla Natura quanto all’essere umano.
Le opere di Martina Bruni accolgono con la stessa semplicità e leggerezza con cui lei stessa si presenta e ti parla, circondata da una vegetazione infestante reale e fittizia che la accompagna nelle sue digressioni sul lavoro, la vita, e la terra natia.
Le sculture sono chiassose, ma non parlano, se non attraverso la lettura di narrazioni distopiche che l’artista associa ad ogni opera. Laura precisa che le letture non sono qualitativamente perfette, che ci sono rumori di fondo, interferenze non calcolate e poi lasciate libere di esistere, evitando la dittatura della pulizia di registrazione. Penso che d’altronde, è grazie all’intromissione dei corpi estranei che si forma la perla in natura.