Spazio Florida nasce come un luogo di co-working in cui la parola ‘condivisione’ fa da padrona: qui arti visive, grafiche e pratiche di stampa convivono mescolandosi continuamente e, come promette il titolo del progetto, ce n’è davvero per tutti i gusti (più uno). Quell’ingrediente segreto che qui si aggiunge al già variegato mix di sperimentazioni artistiche è la presenza di un artista esternə, affiancatə a ciascun membro di Spazio Florida secondo la personale intuizione dei compagni di residenza. Secondo le regole del gioco, ognunə indossa quindi la duplice veste di artistə e curatorə.
Il dialogo ideale tra gli\le artistз di Spazio Florida e le figure esterne si costruisce ogni volta in termini di dissonanza o affinità artistica: la vicinanza tra i dipinti di Miss Goffetown e le tele di Dario Maglionico si esprime, ad esempio, nell’attenzione verso oggetti della quotidianità e luoghi ordinari, che nel caso di Maglionico aprono talvolta a dimensioni in cui il tempo e lo spazio sfuggono dalla percezione abitudinaria. L’Altrove, lo spazio interiore, è presente anche nei lavori di Andrea Fiorino, il cui lavoro Sala d’Attesa racconta di un corpo nell’atto di svilupparsi interiormente ed espandersi al tempo stesso sulla tela attraverso un groviglio di linee. È un corpo che si cela e si mostra allo sguardo altrui con un gioco di evanescenze che contraddistinguono anche le figure femminili dipinte da Elisa Filomena. I lavori di Marco Olgiati e Andrea Grandi prendono confidenza con lo spazio a partire dall’utilizzo quasi contrapposto di un materiale edile talvolta “brutale” come il cemento: se in Olgiati prevale la rigidità architettonica che richiama gli edifici popolari, per Grandi il cemento è un fluido che, lasciato colare dentro palloncini sagomati, assume forme antropomorfe di arti umani. Per Martina Merlini e Alessio Barchitta vige invece una “massima precisione che può essere distrutta dal caso in qualsiasi momento”, secondo le parole di Fiorino che ha deciso di affiancare з due artistз: nei lavori di Merlini assistiamo allo scontro tra il rigore grafico e l’imprevedibilità della materia e del suo deterioramento mentre Barchitta si sottrae, in quanto artista, dal processo di creazione dell’opera d’arte lasciando che questa si dispieghi autonomamente agli occhi dello spettatore. La sua opera I Can’t See Beyond This Fucking Sky consiste infatti nello srotolamento automatico di quattro rulli su cui viene impresso un unico frame di una porzione di cielo. Infine, l’elemento comune alla ricerca di Zeno Peduzzi e Davide Dicorato è il recupero dell’oggetto trovato casualmente, che se per il primo si riferisce a collage e immagini d’archivio, per il secondo riguarda principalmente materiali organici che sottolineano il delicato rapporto tra uomo e natura.
Da Spazio Florida si percepisce la premura con cui ogni artistə, uscendo dal proprio raggio d’azione, intercetta il percorso di un altrə e, prendendone tra le mani il lavoro, lo arricchisce ogni volta di nuovi significati.