Le immagini ci passano davanti non le vede nessuno e le vedono tutti. Sono così tante che non ci si sta dietro, non ci si riesce. È impossibile. Ma come si fa a districarsi in mezzo a tutte queste linee? A tutti questi colori, a occhi musi grinfie sangue inchiostro – facce nasi risa sbavi e muffe – spruzzi denti teschi piercing. Tanti. Piercing.
È un sovraccarico, Kill Your Idols Crew è un sovraccarico. Ma a volte un sovraccarico è più comune di quanto non sembri. Thomas Ray, Stefano Cerioli, Michele Guidarini lo fondano nel 2016. Il loro studio ha un piano terra, dove si possono vedere i loro lavori separati, e un piano superiore, dove espongono alcuni pezzi di KYIC. Pescando dal cafarnao delle immagini pop, underground, street, ma anche scegliendo foto dal contenuto simbolico – come i primi modelli fotografati con tatuaggi a vista – le riconfigurano in continuazione, lavorando sullo stesso pezzo tutti e tre contemporaneamente, lasciando che la loro autorialità si disfi assieme a quella degli altri, e che nasca un quarto autore, che è sia la somma di loro tre, che qualcosa di più.
Quello che succede sui muri della città nel tempo: il continuo passaggio di persone che lasciano segni, icone, alcune famose, altre sconosciute; che finiscono l’una sopra l’altra, dentro l’altra sotto l’altra; che giocano con quel che trovano; preparano la strada per quello che arriverà. La lunga e misteriosa vita delle piccole e innocue immagini, KIYC la rimette in scena nello spazio controllato [ma-solo-in-parte] e sicuro [ma-solo-in-parte] del quadro e delle sue varianti. Detta in modo intellettuale [ma-solo-in-parte], una mise en abyme: una scena nella scena.
È stato bello passare del tempo ad Area3, ne sono uscito con delle loro immagini e delle loro musiche, così che anche io possa riconfigurarle con le mie immagini e le mie musiche, e ricordarmi che l’autorialità che mi porto dietro, le parole che ho usato per comporre questo piccolo testo, le ho raccolte tutte un po’ in giro, da altri libri, altre canzoni, altre persone.