Armenia Studio conserva silenziosamente un pezzo amaro della storia milanese. Originariamente, il luogo che oggi ospita questo atelier, era parte del complesso degli Armenia Films, uno tra i più importanti studi di cinematografia della città. Tuttavia, a partire dagli anni Trenta la cinecittà di Milano scompare e con essa anche la sua memoria che sopravvive nell’unica traccia rimasta di questa grandiosa realtà: l’iconica insegna posta all’ingresso del parco. Armenia Studio si presenta come un moderno open space diviso in sette spazi attraverso una serie di pareti comunicanti tra loro. Margaux Bricler, una dз artistз, avverte la profonda sinergia che si crea all’interno dello spazio e che porta gli\le artistз a confrontarsi continuamente tra loro, dando vita ad una produzione che si distingue per il carattere fortemente ibrido e poliedrico. Il lavoro esposto da Margaux prende forma in una serie di sculture dal carattere arcaico e animalesco; colpiscono una serie di zoccoli in gres, che sulla punta riproducono con grande mimetismo l’organo sessuale femminile: le opere si connotano di forte erotismo, che tuttavia non cade nel grottesco ma rimane essenzialmente pulito e ricercato. Di tutt’altra natura è invece il lavoro di Pietro Catarinella. Alcuni tra i suoi lavori recenti sono degni di nota: quadri ricoperti da organza nei quali pittura e carta convivono con la deformazione digitale dell’immagine, in un’ottica di ibridazione dei linguaggi. Altri recuperano nelle loro opere un passato a cui sono ancora legati: Mirko Smerdel, interessato al potere evocativo e narrativo delle immagini, propone una serie di scatti fotografici catturati a Barona - dove vive - di edifici dal sapore periferico e urbano e destinati ad essere distrutti; affascinato dalla possibilità di restituire consistenza a ciò che è scomparso lavora attraverso la manipolazione e riappropriazione dell’immagine. Anche Matteo Pizzolante recupera un passato legato all’ingegneria edile che, in un’era di produzione di immagini inconsistenti, lo porta a ricercare costantemente il rapporto con la materia: in un’installazione fotografica, infatti, accanto al lavoro di manipolazione di quest’ultima, troviamo l’elemento materico della stampa su cartongesso. Accanto all’impressionante tecnica che caratterizza le sculture di Matteo Vettorello, macchine dal funzionamento complesso la cui attivazione si manifesta solo con l’intervento del fruitore, Silvia Hell propone due fotografie prive di interventi post-produzione in cui ciò che colpisce in tale semplicità, è proprio l’estrema ambiguità dell’oggetto fotografato, che porta l’artista e noi con lei, a riflettere sul confine tra artificio e natura. Infine, Andreas Zampella torna all’elemento figurativo e pittorico proponendo una serie di opere che colpiscono per la raffinata estetica tra realtà e rappresentazione.