Non serve neanche oltrepassare le porte di Studioeo per capire l’atmosfera che aspetta chi viene a vedere Playground. Oltre al nome, giocoso ma fedele, una piccola piscina piena di palline colorate fa da zerbino magico a chi entra lo spazio di via Giacinto Bruzzesi, trasformando chi da lì passa in attivз bambinз spensieratз, prontз per scoprire un mondo. Un mondo nuovo, mai più quel nostro vecchio conosciuto, che cerca di rispondere alla domanda: da dove ricominciare?
Quella di Flavia Scirè e Andrea Bassan, le curatrici della mostra, è una risposta. A loro importa la dimensione umana — e, perché no, bambina — degli spazi espositivi. Niente cubo bianco o spazi sacri per presentare l’arte. Testimone di questo è il muro dello studio, diventato una grande tela in divenire per le sperimentazioni dз visitatorз, che dopo aver impregnato le proprie mascherine con i colori primari, possono creare nuove forme e derivazioni colorate — senza utilizzare le mani.
A chi, a questo punto, riesce ad attraversare il confine tra mondo reale e fantasia, si presentano video, sculture e lavori relazionali dз artistз Carloarmato, Es.pongo e Mafalda Galessi. Un computer uscito direttamente dagli Anni Ottanta si presenta a tutti gli effetti come una macchina del tempo, trasportando i visitatori ai primordi della tecnologia grafica. Dall’altra parte, il video in stop-motion di Es.pongo sembra complementare i disegni fatti dai visitatori e lasciati incompiuti allo schermo. Nel centro della stanza una superficie in vetro fa da base a un lavoro di Galessi, composto da una specie di lego fatto con la buccia del pistacchio, alcune lasciate nel suo colore originale, altre colorate dall’artista.
Non è mai semplice il lavoro di ribaltare prospettive consolidate. Playground cerca di farlo con un tono scherzoso, ma senza perdere di vista i suoi obiettivi. Rivendicare un futuro meno serio, una ripartenza che comprenda la gioia di creare e allo stesso tempo non lasci alle spalle ciò che da quest’ultimo periodo ha imparato.
Se l’intenzione era quella di farci sorridere, dimenticando il mondo troppo grigio oltre la piscina di palline colorate e darci speranze per un indomani più umano, senz’altro la mostra ci è riuscita.