È un 5 ottobre grigio di pioggia a Milano ma la mostra che sto andando a visitare promette già dal nome, Full Time Holiday, di rallegrare questa giornata. Attraversato il cortile di via Cermenate 7, vengo accolta dal calore che solo un luogo privato e intimo come un appartamento può regalare, specialmente se ospita opere dai colori vivaci e psichedelici. Tonalità accese, gioco e sperimentazione pervadono lo spazio e la ricerca d3 artist3 Carlo Marcuccy e Cristina De Pedrojuàn Pascal.
In cucina noto subito i classici fogli Fabriano F4 lisci, che evocano a molt3 ore e ore di fatiche scolastiche alla rincorsa di una precisione puntualmente distrutta da una sbavatura dell’ultimo secondo. La meticolosità richiesta nelle lezioni di educazione tecnica è in queste opere presente, ma in una convivenza che si specchia nel suo opposto: i disegni tecnici originali, realizzati da Carlo Marcuccy negli anni della sua formazione (tra le scuole medie e gli studi di ingegneria) da fronte si fanno infatti retro, per lasciare la facciata d’onore a forme libere e dai toni accesi, che si disfano del rigore un tempo imposto, nel tentativo picassiano di (dis)imparare di nuovo a disegnare come bambini.
A osservare severamente i disegni, dall’altro lato della stanza, c’è il volto serio di Mario Draghi sulla copertina di un numero di Internazionale, sormontato da una vistosa aureola gialla a santificarlo: è Santo Subito, parte di una serie di opere (School, Chiquita Millenium, Il sonno perduto, Nessun arcobaleno all’orizzonte…) in cui l’artista immobilizza nella resina alcune riviste, impedendone la fruizione e sottraendole alla loro serialità grazie a interventi specifici sulle copertine.
Sotto le riviste, a metà fra pavimento e parete, scivola una tela liberata dalla sua struttura, tappa finale dell’opera in tre momenti Che Collega (2021) di Cristina De Pedrojuàn Pascal. Un vortice, una scala che è insieme anche ponte, una caduta e molte pause di bianco in mezzo a colori fluo. Un dipinto animato dallo stesso spirito giocoso del triplice ovale, intessuto a mano con lana di velluto, si trova alle spalle della stessa parete, nell’atrio. Di fronte a questo, lungo la scalinata, scorrono cinque dei bozzetti su tela che hanno portato alla realizzazione del dipinto finale; tentativi di creazione di un movimento, di un andare avanti in una progressione che invita alla salita (in sintonia con il luogo specifico in cui sono allestiti: sulla parete di una scala) ma anche alla caduta, magari in uno dei buchi realizzati sulle superfici.
Il gioco solitario de3 due artist3 si fa di squadra grazie a un’opera site-specific realizzata da Carlo e Cristina a poche ore dal loro incontro e che unisce tecniche, materiali ed estetica di entramb3, cristallizzando questo nuovo sodalizio in un’esplosione cromatica congelata in uno strato di resina.