En route – significa in viaggio – stavo pensando incamminandomi verso lo studio – ed è il titolo perfetto per questo Walk-in studio, soprattutto in una grigia giornata milanese in cui macini chilometri con gli occhiali appannati a causa della mascherina. Lo studio di Alessandro Zambianchi si apre per la prima volta ad un pubblico di persone curiose, catturate in primis dalle opere di Claudia Sinigaglia e Leeay Aikawa installate sui vetri di entrata. Da una parte il Giappone, riassunto in stampa digitale con grafiche sovrapposte e colori pop, dall’altra una foto della costellazione di luci artificiali di Dubai che affacciandosi su via Nicola d’Apulia, reclamano la necessità di ristabilire dei contatti dopo il periodo di chiusura.
Dei mondi geograficamente distanti tra loro abbreviano i chilometri e si uniscono per esprimere l’idea di una libertà mancata e dei cambiamenti dei movimenti della città, come nell’installazione sonora Food Winger di Huang Yan Chao in collaborazione con Imin Tsao, che partendo da una riflessione sull’attività di ordinazione del cibo online a Taipei, circonda lo spettatore con suoni indistinti di voci di individui e della città di Taipei. L’opera fa parte di un’installazione multi-channel, esposta al MOCA di Taipei, che vede tra i vari media utilizzati la presenza di un video in cui il percorso di alcuni drivers viene paragonato al volo degli uccelli. Ancora una volta due mondi molto lontani si vengono incontro, incuriositi dalle loro dinamiche.
Le città dei diversi artisti si fondono per dare vita ad un piccolo centro ibrido e multietnico, che lascia intravedere l’immagine di Milano sullo sfondo, come se quest’ultima fosse una sindone che imprime su di sé l’ombra delle creazioni artistiche di cui si nutre. Sindone, di Dobroslawa Nowak, è anche il titolo dell’ultima opera esposta, una fotografia digitale che ci rivela la parte interna di una mascherina usata dall’artista. Tracce di rossetto si distaccano dal fondo bianco, una traccia organica racchiusa dai due lati della mascherina che sembrano formare una piccola capanna capovolta, un piccolo monolocale isolato, come quello in cui ha passato la quarantena l’artista. En route – significa in viaggio – stavo pensando ritornando alla macchina dopo lo studio visit – e se il fermo totale ha fatto capire che non si può andare ovunque e sempre, rimane la possibilità di viaggiare all’interno di città (in)visibili di persone a noi sconosciute.