Una dimensione poetica, un’alienazione dalla vita quotidiana, un’immersione in una nuova realtà avviluppante.
Queste sono le percezioni in cui ci si imbatte entrando nello Studio G7/9 che ospita la mostra Nel Bardo a cura di Rosa Cascone e Giulia Roncucci. Lasciarsi coinvolgere: questo l’invito che rimane silenziosamente sospeso nell’atmosfera dell’esposizione. Nello spazio convivono interventi artistici multidisciplinari che non sono, in un primo istante, scindibili gli uni dagli altri. Ogni opera dialoga sapientemente con le altre, ogni installazione vede il suo compimento relazionandosi con le altre. Lo studio d’artista sembra quasi non appartenere più alla realtà che esperiamo quotidianamente, sembra distaccarsi dal mondo concreto raggiungendo una sfera metafisica in cui l’uomo non è più al centro della terra, dove la coscienza supera l’aspetto concreto e materiale. Si è trasportati in un luogo in cui aleggiano nell’aria una perfetta sincronia mentale e un unicum narrativo e immersivo. Il primo confronto si ha con le installazioni sonore di Giacomo Grippa e Chiara Biraghi: due totem all’ingresso, e delle casse all’interno, che riproducono in loop le tracce audio da loro incise. Le registrazioni emettono dei suoni degenerati delle strade di Milano. Il soundscape della città metropolitana ci accompagna in questo mondo utopico dove ci relazioniamo con lo stereoscopio di Vincenzo di Pierro in cui le sensazioni di attesa, sospensione e contemplazione trovano forma in un mezzo apparentemente semplice ma che cela una complessità del tutto inaspettata. L’opera di Giulia Roncucci è un continuo work in progress audiovisivo fruibile attraverso un vetro e tramite l’osservazione della proiezione di luci e ombre sulle pareti dello spazio. Mentre si viene trasportati in una dimensione illusoria, sull’immagine del mondo che ruota inesorabilmente si proietta la sagoma di una mano che regge un’antica lente, a sua volta attraversata da una figura emessa da un telescopio trasformato in strumento di proiezione. Oltre il vetro, che attraversa tutto lo studio, scorrono i frame del video di Tullio Brunone in cui un pendolo rappresenta una riflessione sulla dimensione temporale e richiama i marchingegni del passato.
Nel Bardo è una realtà fuori dal tempo, inafferrabile, incontrollabile.