Si va nella camera oscura, si posizionano gli oggetti sul supporto sensibile alla luce, la si accende per un instante e l’immagine si fissa.
Le immagini ci passano davanti non le vede nessuno e le vedono tutti. Sono così tante che non ci si sta dietro, non ci si riesce. È impossibile. Ma come si fa a districarsi in mezzo a tutte queste linee? A tutti questi colori, a occhi musi grinfie sangue inchiostro – facce nasi risa sbavi e muffe – spruzzi denti teschi piercing. Tanti. Piercing.
Alice Mestriner e Ahad Moslemi hanno esposto per tutto il mese all’interno della stazione del passante Lancetti. In questa gabbia di vetro e muratura stavano le loro incrostazioni di polvere. L’esposizione si chiama materiaprima (con la minuscola). Diverse opere erano disposte in uno spazio non troppo grande, quasi più adeguato a vedersi da fuori – dai vetri che facevano della mostra una vetrina – e dentro al quale la gente che conversava con Alice sembrava offendere, con la sua disomogeneità, un qualche ordine prestabilito degli oggetti.