Maria de Fátima Augusto, Carlo Bernardini, Nélio Costa, Célio Dutra, Giuseppina Giordano, Ramilson Noronha
Maria de Fátima Augusto, Carlo Bernardini, Nélio Costa, Célio Dutra, Giuseppina Giordano, Ramilson Noronha
a cura diIsa Helena Tibúrcio
Una mostra di installazioni artistiche e opere audiovisive. Oltre ad evidenziare legami tra gli sguardi di artisti brasiliani e italiani, la mostra cerca di esplorare alcuni aspetti che permeano la cultura contemporanea con l'implacabile desiderio di portare alla luce situazioni, comunità, circostanze, oggetti, sensazioni e sentimenti comunemente cancellati dalla nostra frettolosa e superficiale visione del mondo.
In occasione di Walk-in Studio – Festival degli spazi e studi d’artista 2019, lo studio di Carlo Bernardini ospiterà una mostra di installazioni artistiche e opere audiovisive intitolata Assenze Presenti / Ausências Presentes. Oltre ad evidenziare legami tra gli sguardi di quattro artisti brasiliani e due italiani, la mostra cerca di esplorare alcuni aspetti che permeano la cultura contemporanea, nel suo implacabile desiderio di portare alla luce situazioni, comunità, circostanze, oggetti, sensazioni e sentimenti comunemente cancellati dalla nostra frettolosa e superficiale visione del mondo. Il progetto suggerisce una riflessione più attenta su temi diversi, sottesi e non direttamente visibili o percepibili.
La regista e videoartista Maria de Fátima Augusto (1965, Baldim, Brasile) ricercatrice audiovisiva e dei nuovi media, lavora sulle potenzialità del cinema documentario. I suoi film navigano tra la ricerca scientifica e l'uso di dispositivi artistici. Nel video Invisível Cotidiano (Invisibile Quotidiano, 2016) la presenza degli uccelli in diversi luoghi di una metropoli brasiliana contemporanea, ci porta a riflettere sulla libertà, l'imprigionamento e l’invisibilità di alcuni aspetti della vita odierna. Il video Armazém de Imagens (Magazzino di Immagini, 2014) mostra i negozi di un "vecchio mercato" in una situazione di abbandono nella città di Belo Horizonte. Il video si basa su lavoro ripetitivo delle persone che lì trascorrono la maggior parte della loro vita e che sono invecchiate con il mercato. È in questo ambiente silenzioso che scopriamo la "città" non vista, recuperando la sua dimensione umana e la memoria dei suoi spazi e luoghi, le storie dei lavoratori e le loro "anonime biografie".
La ricerca sperimentale dell'artista visivo Carlo Bernardini (1966, Viterbo) ha trovato nella fibra ottica e nelle superfici elettroluminescenti gli elementi principali e innovativi, nella trasformazione percettiva dello spazio attraverso la luce. Le sue installazioni ambientali in fibra ottica hanno la caratteristica di creare uno spazio che offre molteplici possibilità di fruizione per ogni singolo spettatore. Trasmettendo l'idea di un luogo fisso e cristallizzato, possono dare al contempo un'impressione di mobilità, dove una linea creata su un piano può svilupparsi al di là di esso in modo reale o illusorio, lasciando spazio all’immaginazione. Nell'opera La materia è il vuoto (2013) esiste un dialogo alle volte di sottrazione o di addizione tra le forme romboidali costruite in acciaio inox e in fibra ottica. Durante il giorno la percezione dell'opera rivela le assenze, al contrario nel buio si manifesta pienamente il dialogo tra luce e acciaio, ricreando lo spazio.
Il produttore e regista audiovisivo Nélio Costa (1967, Belo Horizonte, Brasile) lavora ricorrentemente nelle sue opere con immagini registrate in diversi formati del passato, alcuni già obsoleti, come nel caso del video Space Invader (2018). In questo caso, le immagini originali sono state registrate su U-matic, un formato abbandonato da molto tempo, generando una sensazione simile a quella che può generare un liutaio, ricevendo un vecchio ed inutilizzato strumento e trasformandolo in un nuovo strumento vivo. Così, Costa utilizzando immagini recuperate dal suo archivio personale, immagini che vengono mantenute per molti anni, conferisce loro una nuova vita e un nuovo significato. Questo accade anche nel film Fragmentos da Memória (Frammenti della Memoria, 2011), assemblato da frammenti di immagini registrate nel 1992 in un villaggio degli indios Waiwai in Amazzonia. Le immagini incorporano “difetti” generati dai processi meccanici e ottici della camera 16 mm, in modo che l'errore diviene anche espressione di bellezza.
Nel cortometraggio Impressão (Impressione, 2011), il regista Célio Dutra (1972, Rio de Janeiro, Brasile) lavora attraverso la sperimentazione di racconti audiovisivi, videografismi e operazioni artistiche collettive. Dutra nel riportare una notte di vita del personaggio Raquel, una notte piena di fatti inattesi che inonda le vite di tutti e ci segna per sempre, ci costringe a guardare dentro noi stessi. L’autore ha esaminato in ogni membro del cast e della troupe, il contributo più sottile, leggero e naturale possibile, relativo alla sensibilità essenziale di ogni persona coinvolta nel processo di produzione. La storia del film, nonostante la narrazione letterale di eventi, lascia il finale aperto, non finito, in modo che ogni spettatore possa sentire e riflettere apertamente sul film, senza alcun vincolo che lo imprigioni. Invece, il trailer del documentario Preto Velho na Lagoinha (2016) mette in luce fede e religiosità caricate di tutto il sincretismo che costituisce la nazione brasiliana. La Festa do Preto Velho, a Belo Horizonte - MG, è il punto di partenza per conoscere i riti e la liturgia di questa che è la più grande celebrazione dell'Umbanda in Brasile.
L’opera Linea 1 (2013) dell’artista Giuseppina Giordano (1987, Mazara del Vallo) esplora le nostre relazioni nello spazio della città, utilizzando come pretesto rivelatore di pericoli sottesi, le colture batteriche che misurano il tempo dell’uomo e i suoi movimenti attraverso continue trasformazioni che avvengono all’interno delle capsule di Petri. L’installazione basata sullo schema ricavato dalla mappa della linea rossa della metropolitana di Milano, pone in relazione piastre di Petri inizialmente sterili contaminate da batteri presenti nell’aria di ogni stazione, che assumono forme e colori mutevoli nel loro divenire visibili attraverso le muffe, con il tempo e il movimento dell’uomo nei suoi percorsi quotidiani tra una fermata e l’altra. Si viene così a creare un’analogia tra il tempo della vita dell’uomo nei suoi spostamenti, e il tempo dei progressivi e imprevedibili mutamenti che avvengono nelle capsule.
Le opere di Ramilson Noronha (1977, Ponte Nova, Brasile) indagano le relazioni tra urbanistica, architettura, design e linguaggi artistici, come video e installazione. Per questa mostra l'architetto, designer e artista visivo propone una delle sue versioni di Landscape Marble (2019), un progetto che trasforma immagini satellitari in marmi artificiali. L'immagine di differenti luoghi da origine a una particolare pietra artificiale, la quale mediante stampe su lastre di polipropilene, risulta avere una somiglianza con antiche lastre di marmo. Landscape Marble può essere visto come un modo per riportare alla materialità qualcosa che si manifesta digitalmente, anche in modo impalpabile, se consideriamo la dimensione astratta di un territorio visto dall'alto, date le vaste dimensioni geografiche. Il lavoro stabilisce una relazione tra materialità e immaterialità, costruendo dialoghi tra il territorio, le sue rappresentazioni e le diverse precedenti esperienze di artisti come Richard Serra, Gordon Matta-Clark, e Walter de Maria.
Ci sono parti di città che non trovano un riconoscimento e, come abbandonati, ci si dimentica dell’esistenza di chi vi abita e lavora. Maria, seguendo il volo di alcuni uccelli, parla di libertà e di prigionia, tema molto delicato per la storia contemporanea del Brasile: cosa vola sopra i nostri occhi? Cosa invece è imprigionato e controllato? Cosa, ancora, rimane nell’indifferenza?