Senza minimizzarne il valore storico, i giovani artisti Filippo Cristini – proprietario dello studio – Carlo Alberto Rastelli e Domenico Ruccia adottano un approccio ironico nei confronti di uno dei più drammatici eventi della storia, che non hanno vissuto personalmente. La loro rielaborazione, tagliente e mai banale, si esprime attraverso tele e disegni su carta che ripercorrono il conflitto e la morte con gli occhi di un nuovo millennio, consequenziale al secolo Novecento, durante il quale satira, fumetto, graphic novel, propaganda e sperimentazione estrema si rendono linguaggi emblematici del sentire contemporaneo. Un auspicio degli artisti è quello di evitare la retorica e il pietismo melodrammatico o filologico in cui, in generale, vi è il rischio di scadere: come si fa a raccontare, o anche solo evocare, un evento memorabile dai connotati lugubri senza sfiorare il kitsch? L’ironia e il gioco, pertanto, diventano per Cristini, Rastelli e Ruccia un mezzo attraverso cui affrontare la prima guerra mondiale, mettendo in atto alcuni accorgimenti stilistici e iconografici: un disco dei Sonic Youth in cui risuona Teenager Riot imperversa dalla tela viola il cui sfondo è costituito da una carta da parati infantile, il volto di un neonato viene invaso da qualcosa di simile allo spazio cosmico, due uomini hanno gli stivali ma non le gambe.
Rispetto a una tale atmosfera ironico-funebre e tagliente, lo spazio espositivo si rende coerente poiché costituito da un seminterrato festante dall’atmosfera informale in cui gli artisti raccontano i propri lavori. Con Scemi di guerra la prima guerra mondiale diventa un funerale in cui la retorica lascia spazio ad uno humour sano, fresco e liberatorio