Quali sono le conseguenze di un impulso implacabile a collezionare? Un gigantesco archivio che ha bisogno di spazio. Come un corpo che cresce e vuole più aria per respirare, muoversi e mutare. Il corpo dell’archivio è mutante, mai definito, prendersene cura è quindi più complicato. Giulia Valicelli, collezionista compulsiva, si prende cura del suo archivio dagli anni Novanta. L’ha creato accumulando materiali dell’editoria e della musica indipendente hardcore punk (anni ’90 e ’00) prima a Roma e, dopo un assai dispendioso trasloco, a Milano. Era di fronte ad un bivio: buttare tutto o portarlo con sé e trovargli uno spazio. Ha scelto per la seconda. L’archivio/studio sembra stare abbastanza bene in via Natale Battaglia 23, dove ospita in residenza anche Francesco Goats: xerox artist, musicista punk e astuto ladro di dettagli dai materiali di Giulia. Sono riviste autoprodotte da membri del hc-punk, come la Queer zine “Speed Demon”, fanzine Riot Grrl e Queer Core come “Clit Rocket”, dischi, libri e materiale grigio. La serata d’inaugurazione si è aperta con reading di Adriano ‘Magoo’ Di Gasparo (ex-penna di “Speed Demon”) e di Giulia dall’unico numero della rivista (di ottanta pagine) che ha scritto e composto quando aveva diciannove anni, “PuntoG”. Con il defluire dei visitatori, arriva il momento privé: mani guantate sfogliano gli originali composti e corrispettive fotocopie di “Speed Demon”. La tecnica del montaggio delle pagine si manifesta in tutta la sua essenza: scotch, colla, penna, pantone, forbici che tagliano/incollano fotografie originali e stampe, testi scritti a macchina, a pc, commentano frammenti da giornali. Un unione di pezzi di realtà montati insieme per informare, esprimersi e dibattere sulla scena musicale punk-hardcore internazionale. Prima di internet, tanto lavoro manuale e la fotocopiatrice. Fanzine e riviste permettono di raccontarsi, contrapponendosi al discorso di giornali che “stanno parlando di me?”, come commenta Giulia a fianco dell’articolo di un quotidiano sul raduno delle “cattive ragazze” riot. Il punk non è un modo di vestirsi ma “un’attitudine che a parole nulla dovrebbe avere a che fare con discriminazioni su base sessuale e di genere”, scrive nel 1997 nella presentazione di PorcaMa*onna distro, “la prima e finora unica distribuzione italiana di materiale per la maggioranza autoprodotto da donne e per la gran parte cartaceo in ambito hardcore punk” (http://web.tiscali.it/queers/demon/review.htm). Lo spazio che Compulsive Archive ha a disposizione non è ampio ma tutto quello che si trova nei faldoni, nelle scatole e sugli scaffali tra le statuette della Madonna in contemplazione si è preso lo spazio che necessitava per mettere su carta e diffondere la propria voce ed il proprio immaginario che si prendeva (con serio divertimento) gioco di chi confondeva il piacere con il vizio.