Tra i vicoli del centro storico di Milano giungo all’elegante palazzo ottocentesco in via Santa Marta, 18, oggi sede dell’Accademia Teatro la Scala. Superato il grande atrio, al primo piano vi è lo Studio Hänninen. L’artista Giovanni ha un passato da ingegnere aerospaziale. Durante il suo dottorato si appassiona alla fotografia e sono ormai 10 anni che se ne occupa per l’architettura, portando avanti progetti con istituzioni nell’ambito del racconto di spazi urbani e della valorizzazione del patrimonio culturale. L’ambiente in cui lavora si compone da grandi tavoli da lavoro, scaffali componibili in stile minimal e vi si osservano le stampe delle sue opere. Giovanni arricchisce con dettagli il racconto dei suoi meticolosi scatti, trasportandomi, come una guida nei contesti da lui immortalati. Aprendo i cassettoni della sua scrivania da studio, mi mostra altre stampe invitandomi ad osservarle. In uno di questi è contenuto il progetto ‘Città inattesa’ che rappresenta una città ideale. Costruisce un racconto di luoghi abbandonati della città di Milano, lavoro volto a mostrare la trasformazione della città e come un pezzo di storia sia legato agli edifici. Questi luoghi sono raccontati da testi che nascono dalla collaborazione con Alberto Amoretti regista e sceneggiatore. All’attenzione per gli spazi urbani si unisce quella della presenza dell’essere umano, fil rouge di moltissime sue ricerche e progetti.
Appesa ad un soppalco vi è una stampa raffigurante un ragazzo al centro di un bananeto, che potrebbe sembrare un lavoro di ritratto ma in realtà si tratta di un lavoro architettonico. Giovanni restituisce un equilibrio perfetto tra soggetto ritratto e contesto circostante. Si tratta di uno dei 200 scatti dove con approccio catalogico, pone l’attenzione sull’intera società del Senegal (un dottore, un’insegnante, una cameriera, il musicologo, il meccanico, il capo stazione), sono i contesti a raccontare le storie dз singolз e la scelta degli scatti a dar forma all’intera società. Il lavoro ha un approccio antropologico, pone lo sguardo su aspetto sociali e politici dell’ambiente. Il viaggio continua in uno dei villaggi di Tambacounda, dove le donne lavorano a ritmi massacranti e le alte temperature costringono gli abitanti a lavorare al calar del sole e quindi al buio. Giovanni utilizza la lunga esposizione per tracciare tutti i movimenti che le persone fanno. Si osservano in modo minuzioso i singoli spostamenti dati da torce o telefonini con l’obiettivo di far comprendere l’impatto che la luce può avere sulla vita e sull’economia del villaggio.
Vengo catturata dagli scatti ed è come se il problema mi riguardasse da vicino , percependone il disagio delle condizioni vissute. Saluto Giovanni ed è come se il tempo trascorso all’interno del suo studio mi avesse permesso di viaggiare e provare delle sensazioni attraverso gli strati delle storie delle sue fotografie. Uscita dallo studio porto con me tutto questo.