Mi si perdonerà se non parlo subito d’arte, ma che poi questo è un festival, la festa e il ballo, il vociare, il movimento. Movimento da troppo paralizzato. E dato che è il racconto di un festival allora sì, mi si perdonerà se non parlo subito d’arte ma di questa scalinata, e dei bambini che le corrono ai piedi. Schiamazzano, giocano e fanno qualche capriccio. Ed è molto bello. Ne vorrei più di bambini che corrono e fanno caciara per i musei e le gallerie. Quando stremati dall’ascolto di centinaia di spiegazioni o dal raccoglimento meditativo richiesto davanti a un’opera, passa un bambino urlando e infrange la bolla psicosnob che ci costruiamo attorno, forse ci fa anche bene. Emilia e Nicola stanno assieme da vent’anni, conosciuti il primo giorno di accademia (quella di Brera ovviamente) lavorano lui come pittore e lei come fotografa. Mi hanno presentato il signor Rayogramma, un modo di far fotografie unico e prettamente analogico. Un modo di far fotografie dove non c’è nessuna macchina fotografica. Si va nella camera oscura, si posizionano gli oggetti sul supporto sensibile alla luce, la si accende per un instante e l’immagine si fissa. Immagine che è, nel modo più letterale possibile, l’ombra di quegli oggetti. E poi la camera oscura, che bello questo buio rotto appena da una lampadina rossa, che bello questo buio che non ci ero mai entrato in vita mia. Era in una camera oscura come questa che le 11 foto del D-Day di Robert Capa sono state sviluppate. E vedere le vasche di sviluppo mi ha ricordato del corso di incisioni calcografiche, e di come sia spaventoso ed eccitante dover perdere il controllo delle proprie mani per consegnare tutto agli acidi, e senza più poter fare nulla aspettare che l’immagine emerga, mossa da fattori su cui il tuo controllo è solo indiretto. Nicola Felice Torcoli disegna con i frammenti di tela con cui lavora da una vita, li compone per creare delle ombre che verranno impresse dalla luce. Mi fa vedere altri suoi lavori, fra cui un libro d’artista le cui pagine sono divise in tre, tutto è dipinto e sfogliando il libro le sezioni si riconfigurano creando nuove immagini. Parlo molto con loro due prima di andarmene, il loro spazio è pulito, ordinato e accogliente, e i bambini e le persone che si sorridono lo riempiono di calore. La loro mostra di stasera si intitola LA FABBRICA DELLA LUCE.