Da Ivan, Soperga 20, nell’ambito di Walk in Studio è allestita e visitabile la mostra Umbel Jamble. Non so se ho compreso appieno il significato dei due termini che ne compongono il titolo ma, ad ogni modo, mi comunicano una sensazione di fermento, e l’atmosfera che si respira nello studio rispecchia esattamente la mia sensazione.
A far parte della mostra sono artistз che percorrono e sperimentano differenti traittorie. Le tele di Alice Capelli, pittrice e artista performativa, nascono dal contatto diretto con il corpo dell’artista e si fanno portavoce, come Alice stessa, delle questioni legate alla sessualità e all’educazione a essa. Il corpo, in particolare quello femminile, è al centro delle rappresentazioni “a schema libero” di Giulia Moretti, che traccia porzioni corporee (in)definite da linee su matrici di alluminio monocrome. Dialogano tra loro i lavori di Geraldina Khatchikian, della serie Rebuild, dal forte carattere materico e impreziositi da pigmenti metallici e glitter, nati durante i periodi di quarantena come le pitture di Ivad Bassil, della serie Wonderland, entrambз artistз utilizzano il colore come elemento fortemente terapeutico e in grado di collocare lз spettatorз all’interno di un’immagine altra. Rossella Barbante partecipa a Umbel Jamble con due lavori della serie Sublime Artificiale, tecnica mista su dibond, che racchiudono le tematiche antropoceniche coinvolgendo direttamente chiunque li osservi, grazie allo strato di resina specchiante dal quale sono ricoperti, in quanto attorз delle modificazioni ambientali che definiscono l’Antropocene. Il piano di sotto dello studio è interamente dedicato ai lavori di Lucrezia Costa; in proiezione è visibile Sono una crepa, video a telecamera fissa che la ritrae in primo piano mentre una maschera di argilla verde le si asciuga sul volto disegnando crepe sempre diverse. Dello stesso materiale una scultura che riproduce un bacio tra due pietre realmente esistenti, destinate a separarsi con il naturale processo di erosione. Stare scomodi per essere, una seduta in cemento con incastonate delle pietre spigolose, è invece un elogio personale alla scomodità come condizione necessaria all’azione artistica. Infine, ma non per importanza, c’è Ivan Gervasoni che si riscopre con un’ultima opera, nata anche grazie alla vicinanza con l’artista Kamil Senders. Da una tela sulla parete coperta da un lenzuolo bianco si sporge un corpo che, forse svegliatosi da una qualche condizione, vuole uscire.