Entro negli spazi di Blues House e intorno a me si staglia uno spazio enorme e particolare, la storia di questo locale si vede in ogni angolo della stanza. Il luogo espositivo che è oggi, non è sempre stato così: inizialmente era una fabbrica, infatti si intravedevano i vecchi infissi e macchinari sul soffitto; successivamente è stato trasformato in un locale notturno dove mettevano musica blues per poi essere dato in gestione dз proprietarз a Enea Toldo, che ne ha fatto il suo studio. L’identità del passato è rimasta anche nella scritta a neon che è ancora fuori dallo spazio. Mi soffermo a guardare intorno a me, ogni singolo angolo di Blues House racconta una storia a sé stante, oggetti, libri, fiori, colori, pennelli, specchi, un bancone da bar, camomilla in barattolo, il pranzo ancora in pentola, oggetti, pezzi di vissuto coabitano insieme in via Sant'Uguzzone, 26.
Da lontano e in mezz’ombra intravedo l’opera del padre della proprietaria che ha lasciato in eredità un archivio di enormi blocchi di ferro nero che abitano placidamente il retro dello spazio espositivo. L’atelier di Enea Toldo mi appare quindi come un luogo quasi meditativo, dove per osservare e osservarsi. Il mondo pensato dalla mostra è come rete di relazioni tra gli esseri, vagavo in una dimensione al cui centro esistevano modelli di forme di esistenza più vitali, in accordo con la natura e il nostro modo di esperirla. La collettiva dз artistз è formata da Lorenzo di Lucido, Elia Gobbi, Lucas Herzig, Rada Koželj, Lisa Lurati, Viola Morini, Enea Toldo e Marta Valpiana, diversi per medium e processualità sono uniti da un’archiviazione quasi spirituale di immagini ed elementi installativi. Ogni archetipo che li appartiene intercetta la natura delle cose, indaga il nostro rapporto con l’ambiente. Animali - non animali, collezione di reperti archeologici, arbusti, pittura su terra, incisioni su roccia, piante sopravvissute al disastro, suono del respiro, c’è anche chi ha cercato di catturare l’aria.