Chippendale Studio è un laboratorio didattico di creazione artistica che promuove lo sviluppo editoriale di progetti visivi. Oltre ai 138 libri d’artisti realizzati fino a ora, lo spazio di via Bescapè (vero e proprio studio e laboratorio gestito dal critico d’arte Luca Panaro) accoglie, fino al 7 novembre, la mostra di Oreste Baccolini Less Is More, curata da Federica Fiumelli. Il progetto artistico di Baccolini indaga il tema della memoria, collettiva e privata, a partire dalle tracce che un evento storico, come l’eccidio di Marzabotto del 1944, hanno lasciato nell’abitazione che un tempo apparteneva ai suoi nonni paterni. L’abitazione è stata svuotata e distrutta proprio da quel drammatico evento. L’artista si è recato là per documentare le poche tracce che restano dell’accaduto e della vita prima di questo: una trave di legno bruciata, un piatto rotto con il logo ancora ben visibile. Il lavoro di Baccolini consiste in una semplificazione di questi pochi elementi visivi sopravvissuti fra le macerie che, a partire da una ricerca fotografica, vengono sintetizzati e resi sempre più astratti, attraverso la modifica e il ricalco. All’interno del libro Less Is More (realizzato con Luca Panaro nel 2020), immagini quasi astratte della trave e del piatto, indagate tramite linee di grafite, stratificazioni e calchi, sono intervallate a veline trasparenti, che sembrano invitare chi si trova a sfogliare le pagine, ad avanzare nel processo di semplificazione delle forme, ricalcando nuovamente i contorni in un sommarsi che non porta all’accumulo, ma all’annullamento.
L’installazione prende la forma di un altare moderno in cui una memoria antica è tramandata anche grazie all’uso di dispositivi tecnologici, gli stessi ai quali oggi affidiamo sempre di più i nostri ricordi. Nel mezzo, uno schermo ci mostra un’ombra che soppesa un oggetto misterioso, dai contorni indefiniti (la trave incenerita) circondato dalla proiezione delle pagine del libro che vengono sfogliate. Le ali laterali della semplice architettura su cui si sviluppa il racconto sono occupate da un’astrazione fotografica della stessa trave, servita su un vassoio a incorniciarla, e da una cartella collezionabile contenente i (di)segni originali realizzati dall’artista. Alle estremità, l’opera è conclusa da due neon recitanti il testo che dà il titolo alla mostra, Less Is More, citazione dell’architetto tedesco Ludwig Mies van der Rohe - al quale le forme minimali della struttura s’ispirano – e frase così nota da essere divenuta anch’essa parte di una memoria collettiva.