Se c'è una parola che più di tutte spicca in questa collettiva è proprio questa. Un divenire continuo di ecosistemi, processi ed equilibri che si rinchiudono nel microcosmo che è la Casa-Studio di Noemi. Non è mai facile far combaciare un luogo così personale e privato, come la propria abitazione, con il pubblico esterno e creare un'armonia con le opere esposte. Eppure, non appena si mette piede all'interno, ci si ritrova immersi in un ambiente estemporaneo ed intimo, ma allo stesso tempo vasto come i paesaggi che vuole raccontare.
L'esposizione, curata da Bianca Basile, riesce in maniera elegante e leggera a far combaciare le opere, catalizzando l'attenzione del pubblico con l'elemento ludico, la sciarada appunto – da cui prende titolo la mostra, lasciando libertà al visitatorə di interpretare le opere grazie gli stimoli trasmessi in maniera più o meno esplicita, che a seconda di ogni singola mente cambiano in continuazione. Dai lavori esposti, traspare in maniera diretta una sensazione di equilibrio dinamico che viene inconsapevolmente modificato da ogni persona che lo vive, relazionandosi in maniera sempre diversa con le opere di Mirata, Pace e Brugola
Muovendosi nel sistema Casa-Studio, l’installazione di Noemi ci mette di fronte alle condizioni per una simbiosi tra componenti dissimili: una tenda, simbolo dell'ambiente domestico e della pelle umana, diventa il terreno fertile per le Muffe, qui rivalutate. Non sono più associate alla morte, ma alla nascita, all'evoluzione e al cambiamento. Quello che sul telo verticale all'apparenza risulta una devastazione, sul piano metallico posto a terra appare come un vero e proprio trionfo della vita. L'opera da sola riunisce l'intero concetto di esistenza, la simbiosi e il ciclo continuo della vita.
Così la pelle appesa muta in epidermide viva e prolifica. Questo ecosistema aperto è messo direttamente in relazione con il paesaggio costruito e analizzato da Arianna. All’interno di bottiglie retroilluminate – consiglio di osservarle da vicino – Pace crea ex novo un ambiente ibrido per le lumachine marchigiane, catalogando in maniera quasi scientifica, con gli strumenti che ha a disposizione, i mutamenti che lei stessa ha causato.
Infine, il lavoro di Francesca, più concettuale e astratto, fa fisicamente da sparti acque tra questi due paesaggi e allo stesso tempo li unisce. Brugola, attraverso l'utilizzo del cerchio e delle sue rappresentazioni, ci mostra la molteplicità dei punti di vista di uno stesso sguardo-connettore. La sua grammatica, i suoi rebus invitano lə spettatorə a mettersi in gioco, a trovare la sua soluzione e il suo punto di vista, condividendolo e creando una realtà molteplice.