Stamattina un bocciolo della mia viola cornuta è sbocciato, allora ho pensato che, nonostante la pioggia e il buio fin dalla mattina, anche oggi, forse, un piccolo elenco di cose belle avrei potuto racimolarlo. I fiori di inverno sono i miei preferiti perché, impavidi e colorati, sanno vincere la fredda depressione e il letargo.
Quando piove a Milano, la metro si trasforma in uno spazio surreale in cui corpi, respiri e acqua macerano condensa e sudore. Se i mezzi di trasporto sono non - luoghi, ho pensato che avrei preferito non - essere ovunque piuttosto che in quel bruco che abita sotto la città, così ho camminato fino alla fermata del tram più vicina. Alle 19:00 è già buio e io salgo sul tram.
Passo Orientale si trova nei pressi del punto in cui la Roggia Vettabbia torna a salutare la città, in una zona troppo buia per la vita che si agita nello studio. Lo spazio è scandito da corporeità vaganti che ridefiniscono e ricollocano se stessi muovendosi tra le opere. La porta è aperta così da permettere un perfetto fluire tra interno ed esterno: abitiamo tutto. Entro e da brava intrusa aspetto, il mio corpo occupa uno spazio ma inizio ad abitare altrove fino a quando le luci si spengono e siamo avvolti da un surrealmente domestico lume di candele. Cuentos (Racconti Orali) di Raziel Perin ridefinisce gradualmente lo spazio fino a far divenire i suoi ospiti altro da corpo. Cuentos (Racconti Orali) è un’esperienza e un viaggio ritualistico che, finalmente, mi fa chiudere gli occhi e respirare. Scandito dal ritmo di una maraca, l’artista recita poesie tratte dal suo taccuino, uno oggetto terapeutico in cui sono racchiusi poesie, frasi, parole, immagini. Riempiendone le pagine, Raziel Perin guarda dentro se stesso, come fosse una finestra per analizzare la fragilità, il presente e il passato, e da cui uscire per ridefinire e sviluppare nuove processualità. Il mio corpo è la mia dimora e io è qui che vivo. Silenzio, momenti melodici e parlati si alternano. La maraca sussulta ancora e se chiudo gli occhi ho i piedi leggeri. La maraca si agita e la fiamma delle candele sembra mormorare rapendone le vibrazioni nell’aria. La cera sanguigna si scioglie sul pavimento. Sento: Il rumore del mondo viene assorbito dal suo immenso silenzio. Allora, se chiudo gli occhi, sono altrove e non ho più radici.