Spazio Marea apre i battenti in occasione di Walk-in Studio con l’esposizione Mentre ti guardavo nello spazio tra i denti. Uno studio di sei giovani artisti (Adina Bettega, Francesco Bonizzoni, Caterina Dondi, Claudia Mangone, Rebecca Mari, Simona Pavoni) che, per l’occasione, espongono alcuni pezzi e ospitano un lavoro della collega/amica Yasmine Chiboub. L’atmosfera che si palpa nell’intero stabile è quello di un grande collettivo, al piano inferiore risiede infatti un altro studio di cui, sempre Simona Pavoni fa parte. L’artista concepisce per l’occasione proprio un lavoro che parla del suo progetto per l’edificio: Fioretti, un complesso di pezzi singoli in ceramica che idealmente rappresentano il polo culturale che lei vorrebbe si formasse in questi spazi. La forma principale è infatti una sacca sorretta da gambi e parabole, che al contempo sono generati dal contenitore stesso, come a indicare il mutuo sostegno che si sta formando fra questi artisti e il luogo che hanno scelto per il loro lavoro: gli spazi vivono grazie agli artisti, i quali lavorano grazie agli spazi stessi.
Nel complesso tutti gli interventi presenti vogliono porre l’attenzione su quella finestra potenziale, quello spazio tra i denti, che apre nuove possibilità. Scenari altri sono infatti nell’opera Un Tavolo di Francesco Bonizzoni, il quale crea con pasta di sale e cellophane un supporto capovolto, successivamente integrato dall’opera mimetica di Caterina Dondi che trasforma l’opera in Un Tavolo, Nuvolato, giocando a fare l’anagramma del primo titolo. Si vuole qui dare spazio a quel pertugio che permette di scorgere vedute inedite, come fa Claudia Mangone con i suoi Stendardi. Immagini prese da riviste patinate e disegni sono stampati su nove drappi di raso di poliestere, un materiale leggero, luminoso e trasparente, che crea questo effetto aleatorio pensato per solleticare il pensiero di chi ci cammina in mezzo. È come se l’artista indicasse dove si trova l’intercapedine ma, una volta che stiamo guardando cosa si cela dall’altra parte, l’interpretazione sarà intima e personale.
Ho inoltre trovato molto pertinente con i tempi che stiamo vivendo la video installazione di Rebecca Mari Taluno (che non sono io) che, in due minuti, trans-forma il proprio corpo nascondendo le braccia dentro la maglietta e assumendo forme diverse come se stesse modellando la materia che è la sua stessa carne. Opera che parla di non binarietà sessuale con una genuinità disarmante, appunto quello sguardo fresco sulla contemporaneità che vuole proporre l’esposizione. La stessa reazione l’ho avuta davanti a Cemento di Yasmine Chiboub, un’installazione formata da nove fogli che raccontano e mostrano la storia di un futuro distopico ambientato nell’edificio abbandonato conosciuto con il nome di “Cementone”, in Via de Marchi. È infine interessante la fascinazione per le piccole cose del quotidiano che spinge Adina Bettega a creare opere come Domenica Italiana. Si tratta di un ventilatore posto orizzontalmente al pavimento, sul quale alcune casette di carta sono installate perché fluttuino nell’aria emanata dallo stesso. In questo modo le casette appaiono piene di vita, esattamente come sono le nostre abitazioni la domenica a pranzo: cariche di fermento, buon cibo e un infinito chiacchiericcio. Le case di carta infatti ricordano anche la forma dei denti delle nostre bocche in un continuo parlottìo da tipica domenica italiana.
Mentre ti guardavo nello spazio tra i denti è un’interpretazione del contemporaneo senza didascalia, un mostrare quello spazio tra i denti e le sue infinite possibilità, ma senza indicarne una chiave di lettura.