Jussi’s è un ex magazzino di un’impresa di cavi, ora trasformato magistralmente in un atelier. Aperto da circa un mese, ha visto la sua Crémaillère in data 23 Ottobre 2020. La Crémaillère corrisponde, secondo la tradizione francese, all’inaugurazione di uno spazio. Il nome deriva dai grossi pentoloni di zuppa, che in passato si appendevano per festeggiare. Jussi’s deve il suo nome al duo di artisti John Mirabel e Francesca Mussi, che hanno adibito lo spazio a laboratorio per le proprie produzioni artistiche. L’ambiente si presenta ampio e attrezzato e appena entrati si avverte un’atmosfera domestica e familiare, facilitata dalla gentilezza e disponibilità dei proprietari. Oltre le opere dei due artisti, all’interno sono presenti anche le produzioni di Bidet à Boire, collettivo formato dai due più Thomas Ferremback. Il nome deriva da spazio Bidet, vecchia toilette pubblica che è stata riadibita a galleria d’arte a Milano, nel 2018. Probabilmente la più piccola mai realizzata nel capoluogo lombardo. Il collettivo realizza incisioni manuali su bicchieri con temi vari e differenti, dalle iconografie cristiane alla pratica giapponese bdsm dello shibari. Lo studio si articola in due sezioni differenti in cui sono presenti i laboratori dei due artisti.
Sulla sinistra troviamo lo spazio di Francesca Mussi, artista che ama lavorare con la pratica del gum print, processo di stampa fai da te simile alla litografia, che si ottiene però tramite fogli classici, trattati come matrici e ottenendo tirature limitate. Tra queste la serie Unseen Performance, stampe ottenuta dai frame di una ripresa di una performance privata dell’artista stessa dove cosparge di creta una vasca in cui è coricata. Francesca ha estrapolato le immagini dai fotogrammi e ripetuto le gestualità che si sono composte nelle riprese all’interno delle stampe. Azione parassitaria di appropriazione e frame che dal video del gesto si dipana come in una permutazione, nell’obbiettivo di condurre, a una dimensione pubblica, un’azione che invece è nascosta e intima.
Sulla destra invece il laboratorio di Josh Mirabel, artista che si introduce specificando che la sua pratica è più da residenza che non di atelier. I suoi lavori sono il risultato di ricerche eseguite nei differenti luoghi dove si svolge la sua produzione, giungendo ad una coesione con lo spazio stesso. Tra i lavori presenti emerge tra tutti NON.PLUS.ULTRA, installazione risultata da nove mesi di ricerca presso una residenza in Francia. Confrontandosi con un ricercatore scientifico del posto, John viene a conoscenza della caratteristica dei fondali marini di essere privi di qualsiasi fonte di luce. Immersi nella privazione luminosa sono presenti unicamente impulsi sonori. Questo dettaglio è reso ancora più interessante dalla particolarità che i fondali marini costituiscano il 60% del pianeta e solamente il 5% di questi sia conosciuto, giungendo quindi alla conclusione che oggi ci sia sconosciuta una gran parte del globo. John ha allora recuperato riproduzioni sonore, collaborando con il musicista Ferdinand Perrot, registrate negli anni Settanta sui fondali oceanici, suoni misteriosi di cui è la provenienza è sconosciuta. A questi ha accompagnato una serie di immagini derivanti da una macchina fotografica analogia che aveva un difetto per il quale tutte le foto scattate si presentavano come totalmente nere se non per dei brevi fasci luminosi colorati nella posizione centrale. L’autore, riconoscendo un’affinità con le tematiche proposte, ha cosi sviluppato le foto e le ha scannerizzate ad altissima definizione e stampate su carta fotografica di grosse dimensioni. Queste sono state esposte presso il FRAC Nouvelle Aquitene al MÉCA di Bordeaux, nel 2019.