Le blue zones, teorizzate nel 2000 dal demografo francese Micheal Poulain e dallo scienziato sardo Gianni Pes, sono aree geografiche che si distinguono dal resto del pianeta per un fattore precipuo: l’eccezionale longevità degli abitanti. Dagli studi è emerso che queste zone, lontane geograficamente e culturalmente, hanno in comune peculiari caratteristiche ambientali e abitudini alimentari, ma soprattutto una socialità che crea un forte senso di appartenenza e favorisce una percezione virtuosa dell’utilità del singolo individuo all’interno della comunità. È con questa finalità che nasce l’Associazione Artistica Culturale Zona Blu, fondata a gennaio 2020 da Nicola Tineo, Viola Lo Monaco, Micheal Lo Monaco, Eduardo Luongo e Huizhong Ines Song, un gruppo di giovani artisti che ha preso residenza (sia artistica che abitativa, alcuni di loro vi hanno persino passato il periodo di quarantena) in via Boffalora 15, in mezzo ai campi ai margini dell’abitato milanese. Uno spazio che vuole idealmente essere “fuori” – termine richiamato nel titolo della mostra collettiva AUT (in) OUT presentata per Walk-In Studio –, fuori dalla città, fuori dagli schemi convenzionali del sistema artistico, fuori, semplicemente all’esterno a contatto con la natura. E non a caso l’opera di Federico de Lorentis, che accoglie il visitatore, mette in relazione il territorio circostante con l’interno attraverso la sospensione al soffitto di un lungo ramo trovato nelle vicinanze e poi dipinto di nero, come se fosse l’artefice delle macchie scure che incrostano parzialmente la superficie dei muri, eredità organica delle rondini, precedenti inquiline dello spazio. L’elemento naturalistico si ritrova nell’installazione sonora-vegetale di Mario di Mauro, una sorta di theremin botanico con cui lo spettatore può interagire, e nelle opere di Nicola Tineo, che hanno il titolo di monocromi ma scardinano il concetto di pittura tradizionale: “Black” utilizza fuliggine e legno carbonizzato applicato su tela, lo stesso legno utilizzato per scaldare lo spazio di Zona Blu. La compenetrazione tra vissuto personale e creazione artistica ci trasporta ad una dimensione più intimistica della mostra, sviluppata dallo scultore Eduardo Luongo e dal fotografo Micheal Lo Monaco. Le opere di Luongo traggono ispirazione dal suo immaginario visivo, che spazia dai calchi dei corpi carbonizzati di Pompei (a memoria delle origini napoletane dell’artista), alle cere anatomiche, fino ad arrivare all’opera Medardo Rosso. I frammenti dei calchi in cera di corpi, di mani e di volti sono esposti in cucina, luogo di convivialità per eccellenza, destinato ora alla conservazione dei ricordi sbiaditi di un recente passato; la sensazione è quella di aggirarsi tra spettri, forse gli spettri dei rapporti umani spezzati dalla pandemia. Lo Monaco, invece, presenta una serie di fotografie analogiche scattate durante e dopo il lockdown passato in Sicilia. Predominante è il rosso che, come per il Bergman di “Sussurri e grida”, rappresenta il colore dell’”interno dell’anima” e allo stesso tempo il sangue, morbosamente esposto negli scatti dell’artista. È il sangue degli animali uccisi per errore o squartati per sfamare l’uomo; è il sangue delle ferite dello stesso fotografo. Il fil rouge fluido del suo discorso per immagini ha il fulcro in una fotografia scattata nella fatidica data del 4 maggio 2020, sull’Isola di Favignana, che immortala un’emblematica scritta sul muro di una casa abbandonata: “ti uccidono e si lamentano anche del sangue che perdi”.