Fragile è il nostro corpo, fragile è il nostro sentimento, fragile è la nostra essenza.
Il filosofo Pascal ci definisce come una canna, la più fragile di tutte in natura. Ed è qui che dovremmo soffermarci; sospendiamo il giudizio di debolezza e guardiamo oltre - chi siamo noi se non la somma delle nostre stesse fragilità? Oggi, momento difficile per sentirsi forti, ci troviamo a dover affrontare questo elemento delicato che risiede in noi e mai vuole essere notato. Obbligati a guardarlo ci accorgiamo di come, in realtà, ci apra alla dimensione del nostro vero io, non di quello che crediamo di noi o di quello che vogliamo mostrare; no, ora è il momento di affrontarci, riunirci e conoscerci di nuovo, questa volta in maniera profonda, accorgendoci, come per incanto, che attraverso di essa riconosciamo anche la bellezza, siamo mossi dalla passione e ricerchiamo la condivisione disperatamente, riempiendoci così di tutta la nostra umanità. Michela Ongaretti e Paki Paola Bernardi, curatrici della mostra “Fragile”, ci raccontano di questa fragilità ma non con le parole bensì con il gesto di tre artiste italiane che attraverso tecniche diverse la descrivono. Paki Paola Bernardi danza una coreografia emotiva che lascia tracce delle sue scarpette da ballo su matrici metalliche che si trasformano in segni eterei, evanescenti, “scia permanente del linguaggio interiore che passa attraverso lo strumento espressivo del corpo”.
Elena Monzo mostra corpi disinteressati al nostro sguardo, o non consci di essere guardati. Come dall’altra parte dello specchio noi segretamente spiamo quel momento in cui ci si toglie la maschera nella propria intimità e si è finalmente se stessi. E infine la signora degli alberi, Federica Galli, come un eco dal passato si mostra in un albero, uno dei suoi sessantasei realizzati in acquaforte; Insegnandoci che la vita e la crescita provengano da un minuscolo e fragile seme.