Vuoto di senso, senso di vuoto

di Dario Taverna

Vuoto di Senso Senso di Vuoto

martedì 20 ottobre 2020

Zone: 4 - Vittoria, Forlanini

Dal raccoglimento in se stessi può nascere un clima di condivisione, se alla propria condizione intimista si associa la possibilità di rimanere aperti a suggestioni esterne, riflettendosi negli altri e confrontandosi con essi. E così i lavori di Lorenzo Bottari, Matteo Giagnacovo, Luca Rubegni, Domenico Ruccia declinano coralmente una riflessione sullo spazio, interiore ed esteriore, che vede le opere come aperture fra queste due realtà. Contemporaneamente si presenta la possibilità per i singoli artisti di costruire un dialogo fra i lavori occupando uno spazio fisico e mentale, quello dello studio. L’esposizione, chiara e lineare nell’organizzazione delle opere, consente di attardarsi nell’osservazione, in linea con la sospensione temporale suggerita nei lavori.

Echi metafisici nei lavori di Luca Rubegni non mancano di sottolineare l’estrema attinenza della ricerca pittorica ad una realtà immanente e proprio per questo enigmatica. Nelle costruzioni di scenari di Domenico Ruccia l’azione sospesa è rappresentata, ma rimane forte la tensione legata al mezzo tecnico, attraverso il quale vengono trattenuti i pezzi mancanti di una realtà anch’essa da decifrare. Nei lavori più viscerali di Matteo Giagnacovo il silenzio è interruzione di segno, superficie intonsa. Lo spettatore colma in entrambi i casi queste mancanze e dà voce a questi silenzi, aggiungendo complessità alla lettura dell’opera attraverso il suo punto di vista, partecipando all’interpretazione di quest’ultima. Gli aspetti percettivi tornano nel lavoro di Lorenzo Bottari, prende a pretesto il paesaggio per una sperimentazione in termini segnici e cromatici. Fortemente influenzata dall’ambiente in cui si trova, l’artista ha la necessità di vivere i luoghi che poi restituisce su tela. 

Il mezzo pittorico si rivela protagonista durante questa contemplazione: un soggetto non è dunque altro che il pretesto per un’analisi del medium, secondo un’autocritica che pone lo strumento stesso attraverso cui opera al centro della critica. Mantenendo un lucido sguardo sulla realtà ed attraverso una sua attenta osservazione, i lavori non rinnegano una poetica personale e non sottomettono un interesse di ricerca alla costituzione di un discorso stilistico unitario. Si incontrano invece su un comune piano di riflessione: l’opera come dispositivo in grado di restituire uno sguardo oramai interiorizzato, vincolato a percezioni individuali