"Dare dignità a ciò che di solito non viene considerato" è il filo rosso delle due poetiche delle fotografe Francesca Rossi, titolare dello spazio, e Giulia Filosa, sua collaboratrice, che hanno unito le proprie forze nella mostra "Ritorno del rimosso". Tutto è partito da un pomodoro andato a male. Ora, io lo avrei buttato, ma l'occhio di Francesca, da buona fotografa è andato oltre. Ci ha visto qualcosa di più e, incuriosita, ha provato a inquadrarlo con la propria macchina "Digitale?" "Sì, una Nikon, usiamo entrambe Nikon", ha agganciato un obiettivo "macro" e lì le si è aperto un mondo: quello delle muffe. Avevo visto più volte sui libri di scienze un ingrandimento di microrganismi, compreso quello di questi minuscoli funghi, ma non ne avevo mai colto il lato estetico. Non avevo mai fatto caso, come invece Francesca mi ha fatto notare, alle diversità di espressione della muffa, le molteplicità con cui si moltiplica e vive in modo diverso sulla frutta o sulla verdura che dimentichiamo di consumare. La muffa del pomodoro è filamentosa, con dei pallini al termine di ciascuna ciglia, quella della susina, invece, forma una sorta di tappeto innevato. Ci si potrebbe perdere negli scatti di Francesca, si possono immaginare mondi lontani, oppure essere ingannati ed associare una sua foto a un prato che ci sembra di conoscere. Del resto, anche la muffa stessa pensiamo che non sia estranea a noi, ma sia qualcosa con cui abbiamo a che fare molto spesso. Ma solo chi per indole (e mestiere) è attento al dettaglio, lo sa raccontare in un modo così -oserei dire- ravvicinato.
Associate alle foto di Francesca, le foto di Giulia sono simili e diverse allo stesso tempo. La prima cosa che ho notato è l'assenza di colori, che regnano invece nelle muffe. Quelli di Giulia Filosa sono scatti in bianco e nero che hanno l'obiettivo di decontestualizzare i soggetti scelti, per portarci in un luogo molto lontano da noi. Dov'è questo luogo? È lo spazio, è la Nebulosa di Orione. Guardando le fotografie non si hanno dubbi che ci stiamo trovando davanti a lontanissimi corpi celesti. E invece quelli immortalati non sono altro che granelli di sabbia e qualche conchiglia su una superficie nera. Già. Si intuisce subito quanto sia stata importante non solo l'idea, ma soprattutto il gesto. Il gesto con cui ha lanciato la sabbia, il gesto con cui ha delicatamente appoggiato una piccola conchiglia nel punto giusto. In un angolo della sala c'è un piccolo percorso da seguire con gli occhi: o dall'alto verso il basso o dal basso verso l'alto (si può decidere!) dove da immagini che sembrano rappresentare dei buchi neri, si arriva a foto di piccolo formato dove su ciascuna è raffigurato un granello, creando una costellazione (... Nel caso non si fosse capito, il mio cervello, per istinto, ha scelto il percorso dal basso verso l'alto).
Accanto: una fotografia sembra non appartenere a nessuna delle due serie. E infatti è così. È colorata e sembra possa essere di Francesca. E infatti è così. Non ha qui fotografato le sue amate muffe, ma una emulsione di latte con sciroppo di fragole. Il risultato è comunque curioso, sorprendente e... Perturbante. Credo che, senza aver visto gli scatti delle fotografe non li avrei mai messi insieme. Invece, in questo studio sobrio totalmente bianco riescono a comunicare in un qualche modo all'unisono. Questo è frutto anche di un attento lavoro curatoriale svolto dalle due artiste, che hanno scelto accuratamente come esporre le proprie opere. "Vedi? Qui c'è una foto con uno spazio vuoto al centro, mentre accanto la foto ha il centro ben occupato dal soggetto".